LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 13

 

24 gennaio 2016 – 3ª domenica del Tempo Ordinario

Ciclo liturgico: anno C

 

Il Signore mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,

a proclamare ai prigionieri la liberazione.

 

Luca 1,1-4; 4,14-21  (Ne 8,2-6.8-10  -  Salmo: 18  -  1 Cor 12,12-30)

 

O Padre, tu hai mandato il Cristo, re e profeta, ad annunziare ai poveri il lieto messaggio del tuo regno, fa che la sua parola che oggi risuona nella Chiesa, ci edifichi in un corpo solo e ci renda strumento di liberazione e di salvezza.


  1. Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi,
  2. come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola,
  3. così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo,
  4. in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

 

Cap. 4

  1. In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione.
  2. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode.
  3. Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere.
  4. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaìa; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto:
  5. «Lo Spirito del Signore è sopra di me;
    per questo mi ha consacrato con l’unzione
    e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio,
    a proclamare ai prigionieri la liberazione
    e ai ciechi la vista;
    a rimettere in libertà gli oppressi
    e proclamare l’anno di grazia del Signore».
  6. Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui.
  7. Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

Spunti per la riflessione

Inizi

Ci sono due inizi cuciti insieme, nel vangelo che abbiamo proclamato oggi.

L’inizio del vangelo di Luca, che ci accompagnerà durante questo anno e l’inizio della vita pubblica di Gesù nella “sua” Nazareth.

Così come abbiamo iniziato da poco l’anno nuovo e l’anno giubilare.

Così come le nostre vite sono un continuo inizio, un ininterrotto divenire, un fecondo crescere.

O non sono.

Una vita interiore che non avanza, o perlomeno cammina, è destinata a spegnersi. Come un rapporto di amicizia o una relazione affettiva che si congelano nell’istante presente. Siamo chiamati ad imitare i Magi sempre per poter gioire del vino nuovo che Dio ha custodito fino ad ora.

E se la sensazione è quella di vivere in un mondo che sta implodendo, con una violenza ed un egoismo crescenti e l’inesorabile declino del cristianesimo, travolto dai radicalismi religiosi e laicisti, dobbiamo moltiplicare la nostra attenzione, il nostro desiderio.

Ricostruire una civiltà a partire dalla Parola che Dio dona agli uomini.

Senza manipolarla, senza esserne i proprietari, ma i servi.

Coma ha saputo fare Esdra.

Reload

Gli ebrei sono tornati dall’esilio in Babilonia da quasi un secolo ma non c’è traccia della rinascita. Violenza e anarchia si susseguono nella città ridotta a macerie e frettolosamente ricostruita. Bisogna intervenire, trovare un punto d’appoggio, qualcosa di condiviso.

Esdra, mandato da Artaserse, re di Persia, ha un’intuizione geniale. Raduna il popolo per un’intera giornata e solennemente fa leggere la Torah che, ormai, giaceva dimenticata nelle sacrestie del tempio distrutto. La reazione del popolo è straordinaria: ora hanno un orizzonte, una norma da seguire, un punto di vista condiviso, una Parola che Dio ha donato ed è stata dimenticata.

E che ora vogliono nuovamente accogliere.

È quello che possiamo fare noi, sostenuti dallo Spirito, incoraggiati da papa Francesco.

No, non è più il tempo dei trionfalismi e delle azioni di forza, siamo davvero rimasti un piccolo gregge, soprattutto nelle parrocchie. Ma la forza del vangelo ci riempie il cuore di gioia e di fiducia.

Noi sappiamo dove andare. E come.

Persone serie

Mettendo la Parola al centro, cioè la testimonianza di chi c’era.

Come ha fatto Luca, pagano di Antiochia, discepolo di Paolo. Ha preso informazioni, messo in ordine le notizie che ha ricevuto perché chi legge, la sua comunità, noi, possa rendersi conto della solidità degli insegnamenti ricevuti.

È finito il tempo di un cristianesimo di abitudine, di facciata. È il tempo delle motivazioni vere, capaci di perforare la Storia. Non siamo andati dietro a delle favole, ma alla testimonianza di chi ha vissuto quei momenti e ce li annuncia.

Luca si è messo d’impegno, ha ascoltato i ministri della Parola, coloro che la servono, non coloro che la manipolano. E questo annuncio è giunto fino a noi, qui, ora.

Dio è misericordia. Dio è Padre. Dio è amorevole e desidera e collabora al nostro bene, lasciandoci dimorare nella piena libertà di scelta. Così ci ha detto Gesù, rivelatore del Padre, uno con Dio. lo ha annunciato e ha chiesto a noi di fare altrettanto, di annunciare ad ogni uomo di ogni tempo che è amato e salvato e che l’ombra, il peccato, la violenza, che albergano nel nostro cuore sono sanate e superate. In lui anche noi possiamo amare.

A Nazareth

Gesù frequenta la sinagoga. Non la snobba, non si sente migliore. Partecipa alla messa domenicale un po’ noiosa e frequentata, ormai, solo da persone anziane. Non si ritaglia una fede a sua misura (potrebbe farlo!), vive la quotidianità in sana obbedienza.

Sale a leggere la Parola.

Due dettagli riportati da Luca ci incuriosiscono: è lui ad aprire il rotolo del profeta Isaia. Di solito era l’inserviente a farlo. Il messaggio è chiaro: solo in Gesù possiamo aprirci all’intelligenza delle Scritture, capire come l’Antico testamento fosse una preparazione alla venuta del Messia.

Alla fine della lettura chiude il rotolo e si siede.

Chiude il rotolo: ormai l’attesa del Messia si è conclusa. E si siede, come fanno i rabbini prima di insegnare. Non era difficile fare un commento: bastava mandare a memoria una delle interpretazioni fatte da qualche autorevole studioso e che circolavano negli ambienti delle sinagoghe.

Ma Gesù non fa commenti altrui. Proclama: quanto annunciato dal profeta Isaia si realizza qui, ora.

Oggi

Oggi si compie la salvezza, la liberazione, la consolazione.

Oggi è il tempo di Dio.

Oggi il Signore è qui.

Non quando le nostre chiese erano piene e la nostra Chiesa autorevole e influente. Non quando, da giovane, frequentavo quel gruppo con quel giovane viceparroco strabiliante. Non quando avevo una parrocchia vivace che mi aiutava e mi seguiva.

Oggi.

Con l’Isis, la crisi cinese, l’atomica nord-coreana, le frontiere blindate, le chiese svuotate, la violenza crescente, lo scoraggiamento dilagante.

Oggi è la salvezza.

Ditelo in giro.

 

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L’Autore

 

Paolo Curtaz

Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.

Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.

Esegesi biblica

         

PROLOGO (1, 1-4)

Luca è il solo evangelista che premette al suo scritto un prologo nel quale dichiara, nei primi due versetti, le fonti a cui attinge: “Coloro che furono testimoni e divennero ministri della parola” (gli apostoli) e nei due versetti successivi, lo scopo e le caratteristiche del lavoro che intraprende: “Ho deciso di fare ricerche accurate  e di scriverne un resoconto ordinato … perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti”.

In questo prologo, Luca adotta un classico stile greco e un vocabolario che si ritrova identico in trattati ellenistici dell’epoca, in cui si dichiarano le finalità per cui si scrive un libro e il metodo che si è seguito.

In questo modo, egli rivela chiaramente che il suo libro è un’opera di attualità, destinata ai suoi contemporanei non giudei. Fin dall’inizio, Luca si pone in relazione con alcuni precursori che hanno redatto un racconto scritto. Essi erano privi, secondo lui, sia delle qualità che lui spera di mettere in opera e sia delle fonti a cui attingerà: il vangelo di Marco, che non riporta né la nascita di Gesù né le apparizioni pasquali, e una raccolta di parole del Maestro (”fonte Q”), che non conteneva quasi nessuna narrazione.

Questi precursori (Marco e fonte Q), per comporre i loro scritti, avevano attinto alla “Tradizione”, cioè alla trasmissione orale del vangelo da parte degli Apostoli, che sono stati prima testimoni oculari delle parole e delle opere di Cristo (è il contenuto del primo volume) e ministri poi della parola (secondo volume: Atti degli Apostoli).

Luca precisa allora, che si è preoccupato di porsi scrupolosamente in ascolto della tradizione ecclesiale e di scriverne un resoconto ordinato. Quest’ultima annotazione non indica in primo luogo un ordine cronologico: intende piuttosto precisare che l’opera illumina il modo in cui Dio guida, avvenimento dopo avvenimento, il suo disegno di salvezza nella storia. Luca ha indubbiamente una preoccupazione di storicità, ma conoscendo le opere degli storici greci e latini suoi contemporanei, cerchiamo di non proiettare sul progetto di Luca la concezione moderna della ricerca storica.

L’opera è dedicata all’ “egregio Teofilo”, un convertito di origine pagana, che forse occupava un posto importante nell’amministrazione romana. Lo scopo a cui mira Luca è quello di “convincere Teofilo della solidità degli insegnamenti ricevuti”.

 

Due annotazioni per concludere.

La prima è che la trasmissione degli avvenimenti di Gesù avvenne in una comunità di credenti: questo è il senso fondamentale dell’espressione “servi della Parola”, che Luca applica direttamente ai primi testimoni, ma anche ai successivi testimoni. Servitore della Parola dice l’atteggiamento di chi si assoggetta alla Parola e cerca con ogni cura di non tradirla, indica anche che i testimoni si lasciano coinvolgere dalla Parola che trasmettono: sono discepoli del Signore, non persone neutrali.

 

La seconda annotazione è che non basta affermare che gli avvenimenti di Gesù esigono di essere trasmessi in una comunità credente. Occorre andare oltre e precisare che la vita della comunità fa intimamente parte degli avvenimenti stessi: infatti occorre annunciare un Cristo vivo, che opera attualmente, non un semplice ricordo del passato.

La comunità è il luogo in cui gli avvenimenti di Gesù tornano ad essere vivi, attuali e salvifici, tornano ad essere “vangelo oggi”, cioè storia di salvezza che accade “fra noi”. È in forza di questa intuizione che Luca può parlare, con molta profondità, di avvenimenti accaduti fra noi, cioè nella comunità cristiana, pur essendo in realtà accaduti nel passato. Ed è per lo stesso motivo che egli sente il bisogno di scrivere, in continuità con la storia di Gesù, la storia della chiesa (Atti degli Apostoli).

 

Gesù a Nazaret (4, 14-30)

Composta quasi interamente da brani propri di Luca, la scena della predicazione di Gesù nel villaggio “dove era stato allevato” ha un carattere programmatico assai accentuato; essa annuncia infatti dei temi che occuperanno un posto centrale nell’insieme di Lc-Atti.

Il sommario introduttivo (vv. 14-15) ripete ancora una volta che Gesù è dotato dello Spirito profetico che, dopo il deserto, lo guida sui luoghi del suo ministero. Il contenuto dell’insegnamento di Gesù non è precisato, mentre in Mc 1,15 egli predica esplicitamente il regno di Dio. Le prime parole pubbliche di Gesù saranno, dunque, la sua interpretazione di Isaia. Detto ciò, Luca noterà spesso che Gesù insegna, senza precisarne il contenuto; il fatto è che prendere la parola è un atto in sé già significativo, indipendentemente dal contenuto. A differenza del Battista, Gesù parla spesso in luoghi e tempi specificatamente adibiti a questo scopo: è solito entrare in una sinagoga il giorno di sabato.

Marco (1,14-15) e Matteo (4,12-17) aprono il ministero pubblico di Gesù con un sommario breve e generale: “Gesù percorre la Galilea annunciando che il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo”. Luca invece preferisce aprire il ministero pubblico di Gesù con un discorso programmatico, in cui non compare il termine “Regno”, ma viene esplicitato il contenuto: “l’oggi della salvezza, il compimento delle Scritture, la centralità di Gesù”. Per questo scopo Luca pone l’episodio all’inizio della vita pubblica di Gesù, mentre Marco e Matteo pongono l’episodio di Nazaret più avanti, a missione inoltrata.

 

La prima parte del racconto (vv. 16-22) descrive una parte del culto sinagogale.

NOTA:              La sinagoga non era il tempio, ma la sala di adunanza dove gli ebrei pregavano, celebravano la liturgia della Parola e ricevevano la benedizione. Nella sinagoga non si offrivano sacrifici, ed era priva dell’altare. In una specie di Arca si conservavano i rotoli della Bibbia, contrassegnati da nastri colorati. Si leggeva la Torà (Pentateuco) e un Profeta, cui seguivano opportune riflessioni del lettore. Chiunque poteva presentarsi a leggere e commentare, ma se era presente un Rabbino si dava la precedenza a lui. Gesù era solito frequentare la sinagoga il sabato. Non siamo in grado di ricostruire con certezza il servizio sabbatico della sinagoga così com’era ai tempi di Gesù, ma in un periodo più tardivo esso includeva:

a)      due preghiere, lo Shèmà (Dt 6, 4-9; 11, 13-21; Num 15, 37-41; cfr. Lc 10,27) e lo      Shemoneb eireh (Diciotto Benedizioni).

b)      Due letture, una della Torà e l’altra dai Profeti.

c)      Una spiegazione od omelia (cfr. At 13,15).

d)      Infine, la benedizione sacerdotale (Num 6, 22-27).

 

Essa tralascia le preghiere iniziali e la prima lettura, tratta dalle legge di Mosè, conservando solo una lunga citazione della seconda: la profezia di Is 61,1-2. Luca ne omette solo il verso minaccioso: “(a proclamare) un giorno di vendetta da parte del nostro Dio”. Secondo l’oracolo, il compito dell’inviato è quello di annunciare con vigore la scomparsa di quello che fa soffrire i poveri e gli oppressi, di proclamare l’inizio di un’epoca in cui l’uomo sarà accolto da Dio.

Gesù spiega agli abitanti di Nazaret: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura per voi che mi ascoltate”. Ciò che più importa, è notare che Gesù non dà la spiegazione esegetica del testo, né si attarda in alcun modo alla ricerca di applicazioni morali (come facevano alcuni predicatori nelle riunioni della sinagoga), ma attira l’attenzione sull’evento che lo compie: la sua venuta, appunto. Il consacrato e l’inviato dello Spirito è Lui. L’attenzione passa così dalla Scrittura al predicatore: “Gli occhi di tutti erano fissi sopra di Lui”. L’ “oggi” è la novità di Gesù. L’ “oggi” è un termine caratteristico di Luca (2,11; 3,22; 5,26;13, 22-23; 19,5; 23,43), indica che gli ultimi tempi sono iniziati, che il tempo adatto è in svolgimento, che la storia degli uomini sta attraversando un momento eccezionale di grazia. L’oggi non è soltanto una nota cronologica riguardante Gesù: si prolunga nel tempo della chiesa. Il tempo messianico è in svolgimento e il nostro tempo è l’oggi di Dio. Ora, pur rimanendo “stupiti per le parole di grazia che pronunciava”, gli abitanti di Nazaret non vedono che un aspetto di Gesù (il “figlio di Giuseppe”), non scorgono in lui il profeta ultimo che pure indicava Is 61.

 

Nella seconda parte del racconto (vv. 23-27 - che non ascolteremo domenica), Gesù prende la parola di sua iniziativa in due fasi. La domanda del v. 22 lo lascia capire: la gente di Nazaret reclama un segno e Gesù anticipa la loro richiesta (v. 23) ricorrendo a un proverbio. Egli dovrebbe confermare le sue parole compiendo per loro, nella sua patria, atti di potenza simili a quelli compiuti a Cafarnao. Luca, infatti, li racconterà poco più avanti, ai vv. 31-41.

A questa pretesa, Gesù risponde con un altro proverbio (v. 24) e con due esempi (vv. 25-27) tratti dal corpus dei profeti (cfr. 1Re 17; 2Re 5). Anche questa volta, Gesù non dichiara apertamente che lui è il profeta, anche se in questi versetti tutto lo lascia capire. La patria che rifiuta di accogliere colui che annuncia un “anno di grazia” (v. 19), non è soltanto Nazaret, ma anche Israele. Il segno miracoloso che Gesù offre ai suoi concittadini non si compie presso di loro, ma fuori della sua patria, poiché essi respingendo questa universalità, rifiutano anche l’inviato che ne è il portatore.

 

La conclusione del racconto (vv. 28-30) è anch’essa programmatica: il privilegio di Israele è giunto al termine e il fatto che Dio accoglie le nazioni pagane, questo provoca la collera dei “giudei”. Qui viene prefigurato un racconto di At 13 dove si parla che i giudei di Antiochia di Pisidia passano dall’atteggiamento benevolo verso Paolo al furore, vedendo i pagani ascoltare la parola del Signore (At 13,44-45). Se il v. 24 conteneva già una minaccia implicita nei confronti di Gesù, il v. 29 descrive decisamente un primo tentativo di uccisione. La cacciata di Gesù “fuori dalla città” da parte degli abitanti di Gerusalemme - come avverrà per Stefano At 7,58 - e il suo supplizio vengono così prefigurati (cfr. At 3, 14-15). A partire da questa scena, veniamo a sapere che il titolo di “profeta” per Gesù significa il rifiuto e la passione: Lc 13,33-34 preciserà solo il luogo di questo delitto. Per il momento non è ancora l’ora degli avversari (22,55) e Gesù prosegue la sua strada che lo porterà a Gerusalemme.